
Ecco cosa sta facendo l’università di Venezia per la parità di genere
venerdì, 14 Luglio 2017
di Giovanni Maria Bellu
La nascita della Carta di Roma ha segnato un piccola rivoluzione per il mondo dell’informazione in Italia.
Nel momento in cui l’hanno sottoscritta, l’ordine e il sindacato dei giornalisti – cioè di una categoria molto gelosa della propria autonomia – hanno accettato di praticare una “cessione di sovranità”. Le norme della Carta di Roma, infatti, riguardano i giornalisti (e i loro editori) quando affrontano tematiche relative all’immigrazione, ma a vigilare sulla loro osservanza sono anche i rappresentanti dell’associazionismo, dell’Unhcr, di Amnesty international.
Certo, il giudizio disciplinare in senso stretto si svolge secondo le forma consuete (cioè davanti agli organismi territoriali dell’Ordine), ma l’azione della Carta di Roma è raramente di tipo disciplinare: è fatta soprattutto di raccomandazioni, segnalazioni, rivolte ai giornalisti e alle testate, oltre che di incontri e di azioni formative e informative. Tutte queste attività vengono svolte assieme, nel “gruppo di lavoro- Carta di Roma”, dai giornalisti e dai rappresentanti delle associazioni.
Sono convinto che questo suo essere “gruppo di lavoro” e “laboratorio” sia la peculiarità vera, la più interessante e per certi aspetti “rivoluzionaria” della Carta di Roma. Un risultato che non era affatto scontato e del quale va riconosciuto il merito alla presidenza di Valentina Loiero e all’impostazione data fin dal momento in cui Laura Boldrini per prima lanciò l’idea di un “codice etico”, da Roberto Natale, che allora presiedeva il sindacato.
Non esistono i giornalisti “buoni” (o peggio “buonisti”). Esistono i buoni giornalisti. Come accade per tutte le professioni, quanti praticano il giornalismo ambiscono a farlo bene. Cioè a restituire ai lettori la verità sostanziale dei fatti. Quando i fatti sono particolarmente complessi e le possibilità di raccontarli in tempi sempre più rapidi vengono moltiplicate dalle nuove tecnologie, si può incorrere in errori, si può aver bisogno di suggerimenti e indicazioni per orientarsi. L’associazione carta di Roma esiste soprattutto per questo.
Un “osservatorio” ma anche una “struttura di supporto”. Un luogo di confronto e di elaborazione utile all’intera professione. Perché le questioni dell’immigrazione, per la loro delicatezza, per la fragilità del materiale umano con cui il giornalista si trova a operare, consentono di svelare e di individuare problemi del fare informazione che altrimenti sarebbero quasi invisibili. Per la stessa ragione per cui un organismo debole e gracile è il più idoneo a verificare la salubrità di un ambiente.
Giovanni Maria Bellu è giornalista e scrittore. E’ stato inviato speciale del quotidiano ‘la Repubblica’ e condirettore de ‘l’Unità’. Attualmente dirige il quotidiano ‘Sardinia Post’ e collabora col settimanale ‘Left-Avvenimenti’. Tra i suoi libri il romanzo-reportage ‘I fantasmi di Portopalo. Natale 1996: la morte di 300 clandestini e il silenzio dell’Italia’. E’ presidente dell’associazione Carta di Roma. http://www.cartadiroma.org/